Gingol bell, gingol bell, gingol olteuei…

by Paola Verde
pallina albero di natale

Gingol bell, gingol bell, gingol olteuei…. canzoncina innocua che non ha nessun significato per noi Italiani, ma richiama subito il Natale.

Quello moderno, di oggi. Pieno di luci nelle strade, nelle piazze, luci che rivestono interi palazzi come i vestiti dorati che inguainano le signorine nei veglioni di Capodanno. Un bambino si meraviglierebbe se non ci fossero le luci. Tutto deve essere inondato di bagliore colorato, altrimenti che Natale è?

La gara si apre già a Novembre, ringraziamo, commossi al quadrato, la commemorazione dei defunti, ultimo baluardo che riesce ad impedire lo sfarzo luminoso che partirebbe già a Settembre. Quando siamo ancora un po’colorati dal sole estivo e, magari, le luci artificiali sparerebbero meno sulla carnagione ambrata.

Eh si! E’ una gara non dichiarata tra Comuni, tra strade dello stesso Comune, tra vetrine della stessa strada.

BISOGNA ESSERE LUMINOSI.

Sempre di più e con idee sempre più originali. La fantasia si scatena, libera di realizzare le effimere decorazioni che solo a Las Vegas restano per sempre. Lì dove è tutto autenticamente falso, le luminarie sono la decorazione perenne delle strade. Fanno sorridere i nostri cuginoni d’oltre oceano che, beati, apprezzano senza riserve lo splendore plasticoso e artificiale in un puntino minuscolo nel deserto del Nevada.

E come accade a Las Vegas, le luci si accoppiano alle canzoni.

Temo che in ogni Città, ci sia almeno un quartiere che allieti i passanti con l’amplificazione delle canzoni “natalizie”. Una sorta di rivisitazione occidentale della diffusione di messaggi continuativi nelle strade dell’Impero Sovietico. Non è una citazione di un film, è storia vissuta. Lipsia, Germania dell’Est, Ottobre 1989. Era così. I portici della bellissima Lipsia erano affollati di una voce unica. Usciva dagli altoparlanti ininterrottamente. Poche pause e tutto ben cadenzato.

Ma le nostre città, moderne e libere, non hanno bisogno di parole cadenzate, hanno bisogno di luce e canzoni.

Perché la luce, paradossalmente, crea anche ombra. Arriva dove vuole e stabilisce il confine con quello che c’è, ma non si vede (più).

Le canzoni addobbano l’aria intorno a noi con la trasparenza delle note festose, ci accarezzano eteree e così sembrano soffocare le voci più intense. Voci senza melodia e senza rime.

UN DETTAGLIO DELLA VITA URBANA NEL PERIODO EXTRA-LARGE DELLE FESTE NATALIZIE CHE È UNA METAFORA DEI NOSTRI GIORNI.

Esiste ciò che si illumina con i fari della comunicazione social, degli slogan dai balconi, delle interviste senza contraddittorio. Il resto deve scomparire e, quasi quasi, scompare.

Accarezzati dai suoni gradevoli e compiacenti delle promesse da mantenere, rischiamo di lasciarci cullare in un Paradiso che non c’è.

Piccole nicchie nell’ombra restano virtuose ad accendere candele tremolanti sulla realtà vera, quella che non è di plastica, ma di plastica muore.

La realtà fatta di contrasti che spariscono quando la luce è tanta, troppa. Sono i contrasti del cuore dell’uomo che cede alla fatica, si rialza invincibile, crolla deluso e sorride al sorriso di un bambino.  Un cuore che non ha il colore della pelle, sfida le classificazioni becere di provenienza, di censo, di etnia. Il cuore che resta sempre più intelligente degli schemi illuminati dai fari urbani del Natale.

MA IL NATALE È UNA FESTIVITÀ A TEMPO.

Inizia presto, sempre più presto, e termina dopo “la Befana”. Si spengono le luci, si fermano le canzoni e…cosa resta? Certo, vivremo infastiditi il disordine in strada dello smantellamento delle luminarie, la fatica in casa della sistemazione degli addobbi, l’incontenibilità nel frigorifero degli avanzi delle cene festive. Solo questo?

Oggi bisogna essere rivoluzionari per ritornare a guardare i contrasti delicati della storia degli uomini e continuare ad ascoltare le voci naturali della ragione di sempre.

E’ tutto ancora lì. Si fa spazio a gomitate nel frastuono che non termina con il Natale e continua imperterrito a sventolare bandiere del successo virtuale. Rivoluzionari come quell’Uomo nato 2000 anni fa, illuminato solo dalle stelle, dalla luce naturale e straordinaria in una notte di Mistero. Rivoluzionari come chi crede ogni giorno a quell’Uomo presente nella propria vita. E canta a bassa voce, timidamente “Tu scendi dalle stelle..”… “Quanno nascette Ninno”, di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Dottore della Chiesa. Nato a Pagani, la Città della festa della Madonna delle galline. Ne riparleremo, dopo la Befana.

You may also like

Primo Piano

@2023 – Tutti i diritti sono riservati.