La linea editoriale della Rai…che non c’è.

by Francesco De Felice

No non è la BBC questa è la Rai, la Rai tv…recitava così una canzone neanche poi così antica ed era un inno, un vero e proprio inno alle indiscusse qualità produttive della Rai radiotelevisione italiana che, pochi sanno, è stata un modello di riferimento internazionale.

Anni dopo nacque la cosiddetta TV commerciale l’attuale Mediaset e addirittura creò un programma che si intitolava “Non è la Rai” con l’intenzione precisa di dire: la Rai non farebbe certo un programma così!! Ovvero noi sfidiamo la Rai!!

Cosa è accaduto!?

Ho avuto la fortuna di nascere da genitori musicisti mia madre era un soprano e mio padre, clarinettista, dopo una brillante carriera da musicista indipendente papà ebbe l’opportunità, all’epoca prestigiosissima, di entrare nell’orchestra Scarlatti e dunque in Rai.

Bene o male l’azienda è stata in casa mia come un parente buono e amico che permetteva ad un artista di avere una stabilità economica e nel frattempo non rinunciare alla sua arte.

Non era poco!

Erano gli anni della meritocrazia? Un pò si!

Mio padre, diventato poi un funzionario integerrimo e incorruttibile, amava ricordare, durante le mie inevitabili crisi di sconforto adolescenziale, che i raccomandati esistevano ma erano tre su dieci, ben sette erano scelti perché capaci e dunque lo spazio per me non sarebbe mancato.

E all’inizio fu così, lo spazio lo potevi trovare se avevi qualcosa da dire, meglio ancora poi se  questo qualcosa era in sintonia con LA LINEA EDITORIALE, parola magica che potenzialmente conterrebbe ancora oggi, un mondo presente passato e futuro.

Durante questa lunga storia d’amore tra me e l’azienda (l’anno prossimo festeggio trent’anni di collaborazione) ho vissuto con stupore e sgomento la perdita della LINEA EDITORIALE. E aggiungerei la nascita delle linee personali, quelle politiche, quelle amicali, quelle relazionali, sentimentali, affettive, parentali e chissà cosa altro.

Certamente il percorso di questo smarrimento comincia con la nascita delle tv commerciali, in particolare canale 5 che, con i suoi programmi per vendere detersivi riesce progressivamente a “strappare” ascolti, pubblico, consensi e spazi pubblicitari alla Rai che fino a poco prima ne aveva praticamente il monopolio.

Lo stesso Confalonieri (sapete tutti chi è, vero?) ammise che questo traguardo fu raggiunto camminando ai limiti della legalità in quanto la legge di allora impediva la trasmissione in diretta sul territorio nazionale alle tv locali che locali dovevano rimanere, ma il genio  partorì una soluzione non contemplata dal codice, ovvero registrare su tante cassette lo stesso programma con ragionevole anticipo e poi spedire le stesse a tutte le regioni per poi mandarle in onda contemporaneamente dalle sedi regionali, creando così lo stesso effetto di una copertura in diretta nazionale ma non trasgredendo la legge. Non male vero?

A quel punto la RAI non più tutelata da una legge, anche giusta perché tesa a tutelare il servizio pubblico, si trovò ad un bivio: mantenere la propria rigida identità pedagogica nel rispetto dell’altissimo ruolo effettivamente svolto nell’alfabetizzazione della nazione o confrontarsi con “la vendita di detersivi”.

La scelta fatta in quel momento è sotto gli occhi di tutti.

Si pensò di “scendere in campo” e provare a vincere la battaglia e si cominciò un percorso nuovo che costrinse molti a dolorosi processi di rimozione, oggi sempre più frequenti ed apparentemente indolori.

Il risultato della competizione non è così importante come invece è importante sapere che Bernabei, ultimo grande presidente della Rai, fautore della lottizzazione si, ma di una lottizzazione di grandi intellettuali e talentuosi giornalisti, (Colombo, Barbato, Biagi ecc…), predicava ripetutamente che la televisione è SEMPRE pedagogica e lo sarà sempre, almeno fin quando si rivolgerà ad esseri senzienti impossibilitati ad interagire realmente con la scatola magica, regina incontrastata dei salotti nazionali.

Dunque la linea editoriale…mah, già non mi va più di raccontare.

E si, perché dovrei raccontare di come, progressivamente l’attenzione si è spostata al gossip, alla “fuffa”, all’audience, allo share, e niente più pedagogia?

E no, la pedagogia in realtà c’è ancora!

Bernabei aveva ragione e anche se Maurizio Costanzo, sdoganatore del nulla che diventa celebre, distruttore delle star e creatore di miti passeggeri e a costo zero, ha predicato per anni che la tv non si deve creare ma deve essere solo lo specchio della società e deve semplicemente riflettere (come lo specchio ovviamente, non nel senso di pensare!) e se poi qualcuno di passaggio e senza talento diventa ricco e famoso…è il popolo che l’ha voluto.

Grande ipocrisia!! I personaggi usciti apparentemente dal nulla del “Costanzo show”, a parte qualche fortunata coincidenza sono tutti personaggi che hanno costruito il loro successo, ne più ne meno come si è sempre fatto, ovvero faticosamente e quelli che questa ”fatica” non erano in grado di farla sono scomparsi nel nulla da dove erano venuti.

Nel frattempo però hanno riempito col nulla e a costo zero le serate di Mediaset gestite da Costanzo (prima e da De Filippi poi).

Altri geni! hanno prodotto programmi che della pedagogia se ne fregava altamente, anzi la negava.

Incassavano fior di quattrini grazie alla pubblicità anzi, scusate, ai consigli per gli acquisti (anche questi sdoganati gentilmente) che in quegli anni cominciava impietosamente la trasfusione dalle reti Rai che spendeva ancora un pò in cultura per mantenere il servizio pubblico e finivano a Mediaset che poi riuscì grazie a tutto ciò,  ad entrare anche in senso politico nella scena nazionale grazie al consenso raggiunto attraverso una televisione futile, non impegnativa, inutile e spesso dannosa.

Certo, va detto, il popolo l’ha voluto!

In quegli anni lavoravo da autore e regista a Raisat Cinema e tra i miei compiti c’era anche quello di andare in giro a fare reportage su festival di cinema minori anche internazionali, alla ricerca del nuovo talento, del nuovo attore, regista, sceneggiatore di successo.

A volte accadeva, a volte no, ma gli ascolti erano bassi e anche i reportage e le dirette dai grandi festival come Venezia, Berlino, Cannes, non facevano ascolti quanti invece ne fece la fortunata serie di commedie sexi all’italiana degli anni ’70 che ad un certo punto si decise di mandare in onda! “Giovannona coscia lunga” “La liceale”, “La poliziotta” o “Quel gran pezzo dell’Ubalda …” sbancarono come Tarkovskij non aveva mai fatto.

E dunque la linea editoriale…si, temo che dovrò scrivere la seconda puntata, il racconto prende la mano e la fine è lontana.

Chiederò al direttore di questa rivista, lui so che ce l’ha una linea editoriale e credo sia in linea con la mia…ops, scusa direttore, sicuramente la mia è in linea con la sua!

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