Progettare il mondo: Richard Rogers

by Francesco De Felice
Richard Rogers progettare il mondo

Molti anni fa avevo tempo per andare in crisi e chiedermi se avevo preso la strada giusta.

Il teatro, la musica, l’arte, il cinema…la regia, la creatività.

Forse era meglio ascoltare mamma e papà e fare l’avvocato; già perché noi, a Napoli non diciamo SONO un avvocato, diciamo FACCIO l’avvocato!

E’ sicuramente una nota di merito per noi, che ci distingue e ci salva dalla tentazione, sempre presente per tutti, di vivere poggiandosi a dismisura sul nostro ego che ama tanto dire IO SONO…

E che c’entra tutto ciò con Richard Rogers una delle poche vere Archi Star del nostro secolo?

C’entra tantissimo perché se avessi fatto l’avvocato probabilmente non avrei mai incontrato Richard Rogers, e come lui tanti altri, o almeno non lo avrei incontrato nel modo in cui l’ho incontrato.

Benedico insomma il mio lavoro quando mi porta ad incontrare persone il cui sorriso, il cui sguardo, il cui tono pacato di dialogo mi riportano ad un’umanità ancora possibile, ad un recupero del senso della parola cultura laddove questa diventa senso profondo del vivere insieme.

E chi, se non un architetto, chi più di lui si può porre il problema del vivere insieme?

Un grande architetto, si, ma un architetto che non parla quasi mai di lui e dei suoi trionfi.

Nato nel 1933, creatore di grandissime opere come il Beaubourg a Parigi (con Renzo Piano) o l’edificio che ospita la Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, non è ancora stanco di progettare città, luoghi d’incontro, infrastrutture e palazzi partendo da un’idea di convivenza senza limiti ma “civile” come ama ripetere: “città dove ognuno fa quello che vuole, ma civile..civile…” nel suo italiano “inglesizzato”.

Un pensatore, un filosofo, un artista, un pò scienziato, ma soprattutto un uomo!

Nella bella intervista che abbiamo realizzato con Rita Pacifici giornalista della Rai esperta e storica dell’arte, abbiamo potuto apprezzare la grandezza dell’umiltà e la crudele, schiacciante vittoria della semplicità!

Perché crudele? Perché ci si affanna in un mondo dove tutto sembra voler andare in un’altra direzione, una direzione che appare estremamente complessa. Ma poi arriva il genio e con la sua disarmante semplicità ti riporta alla verità della bellezza, dell’onestà, dell’utilità.

“Si deve lasciare spazio per cambiare…e quello che si fa adesso avrà una vita corta e sempre più corta” .

Ecco, sono frasi così, dette da un uomo non più giovanissimo che con sorridente pacatezza ti rassicura con uno sguardo su un futuro indefinito ma molto chiaro nella sua lungimirante visione e progettualità.

Oppure, “io lavoro molto sull’idea di una città compatta, sostenibile…l’automobile tra dieci anni non sarà più (così presente n.d.r.) la cosa importante è una forma di città compatta dove puoi incontrare le altre persone e camminare insieme. La città ideale resta la città medioevale.

Ci saranno modi splendidi che non possiamo neanche immaginare per andare da un punto all’altro e forse ci muoveremo in verticale oltre che orizzontale ma comunque parliamo di una struttura aperta (…) le cose che non cambiano tanto, sono come le persone che non si muovono (…).

Soltanto alcune cose rimangono. Ad esempio la prima volta che un uomo ha incontrato un altro uomo hanno pensato di camminare insieme e questa è una cosa che c’è ancora.”

Richard Rogers ci aiuta a comprendere che si devono progettare città che si possono cambiare ed in questo senso ribadisce il concetto di strutture aperte…aperte al cambiamento.

E qui ci aiuta a riconoscere come i cambiamenti siano sempre stati fonte di preoccupazione, ricordando cosa avvenne quando fu costruito palazzo Strozzi a Firenze che provocò stupore e incredulità per il fatto di avere cinque piani, mentre fino ad allora le case avevano un solo piano…oggi abbiamo i grattacieli.

In sostanza ci ricorda Rogers che l’apertura al cambiamento è un’ipoteca sul successo di un progetto perché se una costruzione cambia rimarrà, in caso contrario sarà abbattuta.

Passando ad aspetti più vicini alla filosofia costruttiva Rogers ci illumina insegnandoci che un tribunale che è una struttura di utilità sociale andrebbe costruito come si costruisce una scuola e non come si costruisce un carcere.

Questo perché un tribunale, in una società democratica, è un posto dove i cittadini vanno ad imparare e a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa si può fare e cosa non si può fare…ma non è un carcere, è una scuola!

Non mi dilungo oltre nel citare le sue illuminate riflessioni sulla progettazione e la flessibilità necessaria delle strutture che “abitano” il nostro pianeta ma allego a questa mia breve introduzione, il link dove potrete vedere e sentire Richard Rogers in persona nell’intervista che ha concesso a Rai Cultura in esclusiva e grazie alla quale io e Rita Pacifici abbiamo realizzato un servizio in occasione della sua lectio magistrali che si è tenuta il 25 settembre a Bologna.

Buona Visione!

http://www.arte.rai.it/articoli/democratica-flessibile-a-colori-larchitettura-secondo-richard-rogers/42081/default.aspx

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